Da quasi sei secoli questa data rappresenta (o meglio dovrebbe rappresentare) qualcosa di più, eppure ne abbiamo quasi perso memoria.
Quel giorno del 1424, poco fuori dalle nostre mura, uno scontro sanguinosissimo pose fine alla cosiddetta “Guerra di Braccio” che ebbe ripercussioni importantissime per tutti i principali stati italiani dell'epoca. L'esito del conflitto dipese molto dalla tenacia e dall'orgoglio degli aquilani, che pur di non rinunciare alla loro libertà, resistettero per 13 mesi ad un durissimo assedio.
Braccio da Montone fu un abilissimo mercenario. Cominciò giovanissimo la sua carriera militare.
Nel corso della sua vita militare in molti lo assoldarono per “risolvere qualche problema”: Roma, Firenze, Napoli. La sua fama divenne notevole, così come il suo potere.
Con il tempo riuscì a crearsi un dominio personale che comprendeva l'Umbria e parte delle Marche, mettendo in pericolo l'esistenza dello stesso Stato della Chiesa.
Intorno al 1420 gli aragonesi, che stavano tentando di sostituirsi agli angioini nel controllo del Regno di Napoli, assoldarono Braccio, promettendogli tra le altre cose la signoria dell'Aquila (fedele agli Angiò) se fosse riuscito a far capitolare la città. Il 12 maggio 1423 Braccio si presentò alle porte dell'Aquila quale inviato dei “legittimi” sovrani, intimando alla popolazione di aprire le porte e obbedire ai suoi ordini, se non voleva essere accusata di ribellione.
La città, che fin dalla fondazione era esente da obblighi feudali e godeva di un'amplissima autonomia, capì che, aprendo a Braccio, avrebbe perso per sempre la sua libertà. Si preparò perciò ad un lungo assedio, mentre il condottiero umbro devastava molti dei castelli circostanti.
Per 13 mesi si videro violenze d'ogni genere. Parte della popolazione fu costretta ad abbandonare la città per lasciare le poche risorse disponibili a coloro che erano in grado di combattere. L'Aquila, seppur stremata, non si arrese.
Braccio, che era abituato a guerre rapide, fu messo in difficoltà da tanta resistenza. Questo diede modo a diversi stati italiani di organizzare una coalizione militare per combatterlo.
Il 2 giugno 1424 gli aquilani, guidati da Antonuccio Camponeschi, si unirono ai rinforzi giunti dall'esterno e si scontrarono con gli assedianti, sconfiggendoli. Braccio rimase gravemente ferito e morì pochi giorni dopo.
A ricordo di quel 2 giugno rimangono alcuni nomi di strade come Via Fortebraccio o Via Delle Bone Novelle (detta così perchè al termine della battaglia pare che i messi, correndo in città per dare la buona notizia, risalirono la strada, urlando a squarciagola “Bone Novelle! Bone Novelle!”) e poco altro.
Pur trattandosi di un evento molto lontano nel tempo, sarebbe doveroso ricordare e celebrare ogni anno quelle persone che tanto duramente lottarono per la libertà della loro terra (che poi è anche la nostra). Un popolo senza memoria non ha futuro. Cominciamo a ricordare...
di Stefano Buzzanca, cittadino dell'Aquila.
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